

Abbiamo intervistato la Dott.ssa Giovanna Carron, recentemente laureatasi in Relazioni Pubbliche presso l’Università di Udine. Attualmente sta seguendo il corso di Laurea specialistica in Marketing.
Dopo uno stage presso l’azienda di Castel di Godego, Giovanna ha infatti scelto di approfondire le politiche di green economy attivate per la salvaguardia dell’ambiente e in particolare per ottenere le certificazioni di prodotto.
Hai effettuato uno stage nel reparto marketing e comunicazione dell’azienda. Cosa ricordi di questa esperienza?
È stata un’esperienza molto positiva: l’imprenditore Sgambaro mi ha fatto toccare con mano molte realtà che stanno dentro e dietro ad un’azienda e che non sono sempre visibili o conosciute. Quando sono andata con Pierantonio Sgambaro per comprare il grano, mi sembrava di essere in uno di quegli spot televisivi in cui fanno vedere l’imprenditore che controlla personalmente la materia prima, perché gli sta a cuore la salute del consumatore. Ebbene, la scena è stata davvero questa. L’imprenditore che tocca, guarda, analizza il grano di persona, per vedere se è una materia prima “all’altezza” del consumatore e delle sue aspettative.
Ci racconti, in due parole, la tua ricerca?
Nella mia ricerca ho approfondito le possibilità attuali di orientare lo sviluppo in una direzione sostenibile, esaminando sviluppo e contenuti delle certificazioni a livello internazionale che si sono evolute a partire dagli anni’80-’90. Infine ho parlato dell’azienda Sgambaro e del fatto che è una realtà aziendale che ha voluto intraprendere il percorso più ambientale possibile.
Perché hai scelto di parlare di Sgambaro nella tua ricerca?
Perché Sgambaro è uno dei tre pastifici italiani che ha ottenuto le certificazioni ambientali di prodotto. Il tutto viene portato avanti non semplicemente con l’obiettivo di raggiungere un certo rientro economico, ma per la convinzione che verso l’ambiente serve rispetto, con il desiderio di essere il più verde possibile perché è questa la vera priorità. Il giorno dell’esposizione della mia tesi, un professoressa della mia commissione mi chiese l’interesse economico che ha l’azienda nel portare avanti questo “green behaviour”. Quando risposi che l’interesse e la motivazione del rispetto dell’ambiente, la docente non ci voleva credere, pensava ad una scelta motivata dal potenziale maggior reddito, e ha definito l’imprenditore Sgambaro “una mosca bianca”.
Secondo la tua ricerca, oggi i consumatori sono pronti a premiare il valore aggiunto dei prodotti con certificazioni ambientali?
I consumatori dell’era della post modernità sono molto informati, più di quelli di qualche decennio fa, sulle caratteristiche dei vari prodotti, e lo sono perché loro stessi vanno alla ricerca di informazioni e dispongono di strumenti di accesso impensabili solo fino a pochi anni fa. Vanno a controllare le caratteristiche che corrispondono ai loro desideri ma anche qual è il prodotto più ecocompatibile. Non parliamo più di interesse per il biologico e di semplice km zero, perché l’orizzonte può estendersi e di fatto si estende, non solo nel settore agroalimentare, ad ogni singolo processo della catena produttiva dell’output finale.
A cosa servono le certificazioni ambientali, per il consumatore?
Le certificazioni ambientali, che richiedono impegno e investimenti al produttore, servono al consumatore come riprova della vera “verdità” del prodotto, e del vero impegno etico da parte dell’azienda che c’è dietro.
Quali sono le ultime novità in termini di certificazioni ambientali?
A livello internazionale si è sviluppata da parte dell’ISO una norma specifica sulla Carbon Footprint di prodotti: ISO 14067 (Carbon Footprint of products), la cui pubblicazione è avvenuta di recente, a maggio 2013. Valuta e quantifica i carichi energetici e ambientali e gli impatti potenziali associati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita.
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